Negli ultimi anni è divenuto chiaro che le diagnosi di disturbi dell’alimentazione sottostanno ad un unico nucleo psicopatologico e, sebbene sia fondamentale la diagnosi differenziale del disturbo (anoressia, bulimia, binge eating disorder – ossia episodi di abbuffata -,…) per pianificare l’intervento, non sono considerate più problematiche distinte, ma un’unica tipologia di disturbo. Ad es. in caso di anoressia nervosa può accadere che il fisico non ce la faccia più a causa della restrizione alimentare e della malnutrizione e quindi possono esserci delle abbuffate con conseguenti messe in atto di condotte di eliminazione (es. vomito) per ritornare alla presunta condizione di benessere antecedente all’evento.
La nostra autostima ed il nostro benessere psichico sono dati da diversi domini: peso/forma del corpo, performance scolastica/lavorativa, relazioni familiari/amicali, sport, hobby…
Nei disturbi dell’alimentazione (soprattutto anoressia e bulimia) il meccanismo principale di mantenimento comune è l’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo e del loro controllo.
Se una persona ha come elemento principale del suo benessere psichico il peso/forma del corpo avrà paura di prendere peso e tutto si concentrerà su questo (dieta ferrea, esercizio fisico strenuo, poche calorie, eliminare certi cibi…) e gli altri domini perderanno di significato. Il soggetto non si rende conto di quanto sia sottopeso o dei rischi correlati, ma si rende conto che la sua vita è rovinata da ciò.
Obiettivo principale, quindi, negli interventi psicologici in tutti i disturbi alimentari, è sviluppare uno schema di autovalutazione di sè non dipendente solo dal peso e dalla forma del corpo e dal loro controllo.
I sintomi correlati al disturbo dell’alimentazione sono vari e molteplici: sbalzi d’umore, ansia, depressione, bassa autostima, isolamento, riduzione degli interessi, esercizio fisico eccessivo, perfezionismo, a volte autolesionismo (es. utilizzo di alcol o sostanze stupefacenti). E’ chiaro che vale anche il contrario, ossia depressione, disturbi d’ansia, disturbo da uso di sostanze o alcol possono scatenare i disturbi alimentari, in quanto il cibo dà la sensazione di ridurre ansia o depressione nel breve termine. Dopo l’episodio di abbuffata (episodio bulimico) si possono innescare ad es. emozioni come senso di colpa, ansia, tristezza, depressione, che possono far riscatenare l’episodio bulimico a causa della perdita di controllo.
Ma perché una persona comincia a dare eccessiva importanza al peso per il suo benessere? C’è un’emozione intollerante (che può essere sia eccessivamente negativa che positiva) e la persona la gestisce mediante il cibo (il cibo attenua gli stati emotivi e gratifica). Quando ciò accade con regolarità, il peso e la forma del corpo canalizzano i pensieri. Altre strategie di gestione degli stati emotivi possono essere l’assunzione di alcol o di stupefacenti.
Sono stati evidenziati due possibili fattori di rischio:
Si tratta di un disturbo delle abitudini, quindi da più tempo è presente e più è difficile intervenire, anche se è sempre possibile. Per contro, la prognosi è migliore se l’intervento è tempestivo e la remissione completa è possibile, soprattutto con diagnosi e trattamento precoci.
Ricordiamoci che l’obiettivo terapeutico in caso di disturbi dell’alimentazione non è la riduzione del peso, ma il controllo dei comportamenti problematici (es. abbuffate, digiuno, vomito…).
L’eventuale riduzione del peso, nel caso in cui il disturbo dell’alimentazione sia correlato all’obesità (cosa che accade ad es. a volte nel binge eating), può essere perseguita solo dopo l’intervento terapeutico, quindi in una fase successiva.
L’intervento con il soggetto è concordato e non subìto: si concordano strategie e procedure passo passo ed il paziente si impegna attivamente tra le sedute; non si impongono procedure se lui non è d’accordo.
Con il giusto supporto e impegno se ne può uscire!
Dott.ssa Katia Stoico
P.I. 03668320967
Ordine degli Psicologi della Lombardia n. 6996
Laurea in Psicologia Clinica e di Comunità
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